sabato 27 febbraio 2010

Statica dei Nuraghi : la cultura costruttiva.




Non è facile costruire con le pietre a secco, non squadrate, e senza l’ausilio del cemento !
Non è facile neppure la costruzione di quei semplici muretti, di cui la Sardegna è costellata. Pochi, infatti, restano integri nel tempo : quasi ogni anno ne frana un pezzo, qua e là, e devono essere riparati.

Costruire un muro alto 20 metri, come nei Nuraghi, significa che il popolo sardo del 2° Millennio a.C. aveva raggiunto una capacità tecnica notevolissima, rimasta insuperata ancora oggi.
Infatti, dove i Nuraghi sono stati restaurati e ricostruiti, si vede la differenza ( sconcertante ) tra il nuovo e l’originale, nonostante l’impiego generalizzato di macchine e attrezzature moderne.


La realizzazione di un Nuraghe
necessitava di una rilevante esperienza costruttiva, che era il risultato di una lunghissima serie di prove e fallimenti, modifiche e piccoli miglioramenti, che si susseguirono nei decenni o nei secoli, e che venivano tramandati come cultura fondamentale dell’epoca nuragica.
La costruzione di un Nuraghe era un insieme di regole, comportamenti, accorgimenti costruttivi, soluzioni e, qualche volta, innovazioni, che permettevano di raggiungere gli scopi previsti in materia di sicurezza, funzionalità e durata.
La corretta concezione strutturale, la capacità di interpretare il comportamento dell’opera nei suoi aspetti più salienti, gli schemi fondamentali e perfino i dettagli, implicavano conoscenze progettuali che dovevano essere acquisite con il tempo e con l’esperienza.

L’affidabilità delle scelte effettuate ( dimostrata dal fatto che moltissimi nuraghi sono ancora al loro posto, dopo 3500 anni ), fu il prodotto di una “cultura costruttiva” che permeava la società tutta, ed era il risultato di un’esperienza secolare.
La scelta delle pietre più adatte, delle cave, del basamento, della posizione, del numero dei piani e dell’altezza, era la logica conseguenza della profonda conoscenza dei luoghi.

Il Nuraghe era il simbolo di chi lo aveva costruito, lo specchio di chi lo abitava.

Indice :

1. Cultura costruttiva.

2. Copertura in pietra.
3. Tecnica dell’aggetto.

4. Il genio dei Nuraghi.

5. Mattoni e pietre.
6. Interconnessione.

mercoledì 24 febbraio 2010

6. Statica dei Nuraghi : interconnessione.




Nel caso in cui non sia efficace l’interconnessione della muratura, oppure nel caso in cui il vuoto-scala sia molto alto ( 4÷5 metri ), allora l’ogiva può assumere, in parte, un comportamento “a cupola”, con rilevanti spinte orizzontali.

Nella fig. 7, si vede come, se si vuole evitare il ribaltamento dei conci n.3 e n. 5, intorno al punto A, è necessario aggiungere il concio n.6, che impedisce, con il suo peso, il ribaltamento stesso.
Nei Nuraghi l’interconnessione viene assicurata da conci grandi e parzialmente sovrapposti. Questo non si potrebbe realizzare se la muratura fosse costruita affiancando “due gusci”, e riempiendo lo spazio tra la tholos e il muro esterno con pietre piccole e terra. Nel caso ci fossero nuraghi costruiti in questo modo, allora la tholos si comporterebbe come una cupola.
Ma il doppio guscio non l’ho visto in nessuno delle centinaia di nuraghi che ho visitato. Inoltre, per i motivi sopra esposti, mancando l’interconnessione, non sarebbero neppure tanto stabili. Questo perché, il riempimento di sassi piccoli e terra si sarebbe fatalmente assestato nel tempo, con cedimenti notevoli contribuendo a innescare spinte sui “gusci” adiacenti, e provocando, spesso, dissesti catastrofici.
E i Nuragici sapevano ciò che facevano.
Non si dovrebbe trascurare, infine, l’apporto stabilizzante della terra con cui sono riempiti i vuoti tra le pietre di un Nuraghe.
La terra si comporta come una malta molto povera. Anche se la sua resistenza a trazione è molto scarsa, essa riesce molto bene a stabilizzare i conci.
Forse, uno studio sulla composizione, sulla qualità e sulle caratteristiche delle terre usate per il riempimento degli spazi vuoti, unita a qualche moderna analisi di resistenza, potrebbe aprire nuove prospettive sulla sua (trascurata) funzione.

Spero di essere stato chiaro.

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lunedì 22 febbraio 2010

5. Statica dei Nuraghi : mattoni e pietre.




La quasi totalità dei Nuraghi funziona così.

Diciamo però che, siccome i “sassi reali” non sono mattoni, ci sono tutta una serie di azioni ( nel senso di forze ) complesse e imprevedibili. Legate a : irregolarità dei conci, cedimenti, deformazioni, attrito, aperture e vani scala, variazioni termiche, ecc.
Possiamo allora dire che, per il 90÷95% , i conci del Nuraghe si comportano come ho detto sopra e per il rimanente 5÷10 % in modo complesso e dipendente da fattori variabili e contingenti.
Come, per esempio : mancanza di pietre adatte, scarsa perizia dei costruttori, cedimenti parziali, rottura di un concio, ecc.
Ogni volta che avviene una di queste cose, si creano forze orizzontali che, in genere, sono localizzate e sono rapidamente assorbite dall’attrito tra i conci.
Nella fig. 6 si può vedere un esempio di forze orizzontali, che nascono per effetto dei contatti laterali tra le pietre, e che in genere, vengono assorbite, localmente, dall’attrito.

Ma probabilmente, neppure nei trulli o nelle tholoi micenee esiste la coazione orizzontale.
Infatti, le spinte che potrebbero nascere per “effetto cupola” sono agevolmente assorbite dall’attrito tra i conci.

Ed ecco, allora, un’altra geniale “invenzione” dei Costruttori Nuragici : poiché l’attrito è proporzionale al peso della muratura, hanno utilizzato l’ogiva che, rispetto alla volta semisferica, ha la caratteristica di rendere più graduale l’aggetto, con la conseguenza di aumentare il peso ( e quindi l’attrito ).

Sicurezza e bellezza erano garantite.


Continua.


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mercoledì 17 febbraio 2010

4. Statica dei Nuraghi : il genio dei Nuraghi.


2. Un altro modo risolve il problema precedente
alla radice, ed è fare come brillantemente hanno fatto i Nuragici : eliminare la spinta !
Infatti, se aumentiamo lo spessore del muro, triplicando ad esempio i mattoni, ma soprattutto creando interconnessione tra di essi, come in fig. 5 , riusciamo agevolmente a costruire una struttura in perfetto equilibrio e senza spinte orizzontali.
Perché la parte che aggetta non tende più a crollare e, quindi, non necessita di un "puntello" per stare in equilibrio.
E questo è il Nuraghe.
La copertura così realizzata si chiama Tholos nuragica.

Soltanto l’interconnessione, però, può fare in modo che la spinta non ci sia !
E che si possa costruire la tholos senza l’uso della centina.

Infatti, come osserva autorevolmente l'archeologo G. Manca (Il Nuraghe Losa e la Civiltà Nuragica), ma soprattutto se si osserva con attenzione come sono posizionati i conci, si nota che, nella stragrande maggioranza dei Nuraghi, le pietre sono separate lateralmente e semplicemente appoggiate a cavallo dei due conci sottostanti. Non vi è quasi mai quel contatto laterale che, secondo alcuni autori, darebbe luogo a un “arco orizzontale” come fulcro della stabilità dell’ogiva.
Gli “anelli di coazione” sarebbero “in forza” (per usare le stesse parole di F. Laner , nel suo bel libro : Accabadora). Ciò può essere vero (forse) nei trulli pugliesi, nelle tholoi micenee e (ancora forse) in alcuni “pozzi sacri” : ma non nei Nuraghi !
Perché il Nuraghe non è una cupola !
Ciò sarebbe stato, anche, assai rischioso perché, se una parte della tholos avesse ceduto, tutta la costruzione sarebbe potuta crollare...
(Quando i conci sono “in forza”, basta un sasso che cede o che si sfila, e può crollare tutto, con enormi rischi per la popolazione.)
Invece così non è, perché i Nuraghi sono stabili anche “spaccati a metà”, o con un concio mancante.

Continua.

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martedì 16 febbraio 2010

3. Statica dei Nuraghi : tecnica dell'aggetto.



Proviamo a costruire una volta ogivale, utilizzando dei mattoni. In questo modo, chi vuole, può ripetere l’esperimento a casa sua, sia per comprendere, sia per ...credere ! Io l’ho fatto, e funziona.

Mettiamo un mattone sopra un altro mattone, facendolo sporgere ( aggettare ) di qualche centimetro : sta in equilibrio senza problemi. ( Fig. 1 ).
Non ci sono spinte orizzontali,
come si può capire immaginando di mettere ( o mettendocele !) delle rotelle sotto il mattone di base : non si muove. Se, invece, ci fosse una spinta orizzontale si metterebbe a correre. ( Fig. 2 ).
Si può continuare ad aggiungere un mattone dopo l’altro, facendoli aggettare.
Dalla ( Fig. 3 ) si vede chiaramente come, ad un certo momento, l’aggiunta di un ulteriore mattone, faccia crollare la struttura.

Il crollo si può evitare in due ( o più ) modi :
1. Si pone di fronte a questa una struttura simile, ma opposta : le due strutture si toccheranno in alto, sorreggendosi a vicenda.
Questa struttura è il cosiddetto arco ( Fig. 4 ). Nello spazio tridimensionale, invece, si formerà una cupola.
L’arco per non crollare, necessita di una forza orizzontale che il semi-arco di sinistra deve esercitare su quello di destra, per sorreggerlo. Questa spinta orizzontale si trasmette, per attrito, fino alla base, dove deve essere contrastata, pena il crollo della struttura. Idem, per la cupola.

Le spinte orizzontali si possono contrastare in molti modi.
A noi, ne interessano due :
a) si può riempire di terra lo spazio intorno alla tholos, ed ecco allora le tombe etrusche e micenee.
Il peso della terra intorno alla tholos, contrasta la spinta e tutto sta in equilibrio.
( Qui ci sarebbero altre cose da dire, ma ne potremo parlare in seguito ).

b) C’è un secondo modo, per evitare il crollo della struttura in oggetto, ed è quello di aumentare il peso dei muri verticali ( Fig. 5 ), in modo che l’attrito assorba la spinta.
Nelle chiese medievali, sono stati costruiti anche dei poderosi contrafforti, mentre nei ponti ad arco la spinta viene assorbita dalle rocce sulle sponde del fiume ( o dal peso degli archi adiacenti ).

Continua.

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2. Statica dei Nuraghi : copertura in pietra.




La copertura di un ambiente abitativo, è sempre stato un problema di difficile soluzione, negli edifici in pietra.
Era più facile realizzare le coperture con travi di legno : si potevano coprire superfici molto ampie, e con il minimo sforzo.
Allora, perché le coperture in pietra ?
Secondo me, perché il legno aveva una durata inferiore e necessitava di continua manutenzione.
Ma, soprattutto, perché il legno non resisteva al fuoco.

La pietra, però, ha un grosso difetto : possiede una scarsa resistenza a trazione, cosa che la rende inadatta a essere utilizzata come trave.
Potevano essere realizzati soltanto architravi di grosso spessore e per coprire piccole luci.
Infatti, in Grecia, gli architravi dei templi e dei palazzi, erano posizionati su colonne molto ravvicinate.
A Roma, si superò questo problema con l’utilizzo massiccio dell’arco. Ma le pietre dovevano essere squadrate e necessitavano di una lunga lavorazione e, soprattutto, di attrezzi adeguati.

In preistoria, i pochi architravi ritrovati, servivano a coprire luci piccolissime e avevano spessori notevoli. Tanto che, più che utili, gli architravi servivano per comunicare agli altri la forza e il prestigio di chi li aveva costruiti.

La tecnica nuragica dell’aggetto, risolse brillantemente il problema.


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