martedì 10 luglio 2007

Vita nuragica.

Nell’epoca nuragica, come nelle campagne di tutta Italia fino a 50 anni fa, si viveva all’aperto dall’alba al tramonto, impegnati nel duro lavoro per procurarsi il necessario.
Solo di notte si rientrava in casa, e solo per dormire.
Si mangiava seduti per terra, si beveva dallo stesso contenitore, e si ricominciava subito a lavorare.
Spesso i lavori si facevano in comune, per il semplice motivo che le attrezzature erano scarse : non tutti avevano i buoi e l’aratro, né l’accetta per tagliare gli alberi, né le mazze pesanti per rompere le pietre. Forse nemmeno i coltelli per lavorare la carne, o le forbici per tosare le pecore !
Quando c’erano i grandi lavori da fare in comune, il pranzo veniva offerto dal beneficiario del lavoro di quel giorno ; e alla sera si mangiava sull’aia, davanti alle capanne, su rozze tavolate all’aperto. Una cena più abbondante, con più portate, calda e saporita, perché la giornata era stata fruttuosa.
Il giorno dopo, se si lavorava per un altro, amico o parente, o un semplice conoscente,  si era ospitati, per il cibo, da quella famiglia.

La pastorizia deve essere esercitata sul posto : allora, non c’erano reti e filo spinato, per cui il gregge doveva essere sorvegliato e seguito, sempre !
E la sera si tornava a casa.
Perciò le distanze da percorrere dovevano essere quelle che gli animali, brucando, riuscivano a fare in mezza giornata, meglio se intorno al Nuraghe.
Spesso erano i bambini a badare al gregge.
Ecco perché i Nuraghi erano sparsi sul territorio : ogni famiglia aveva il pascolo necessario per vivere, intorno al Nuraghe.

I Nuraghi di un certo territorio costituivano una sorta di villaggio diffuso.
Dove ogni famiglia era padrona del pascolo circostante, con confini ben definiti e inviolabili, nel rispetto delle regole accettate da tutti.

Ogni famiglia aveva a disposizione 100÷400 ettari, intorno al Nuraghe.
Con legname, alberi da frutto, cereali, verdure selvatiche e animali : tutto in abbondanza.
Tutto il territorio era ben conosciuto e veniva sfruttato con abilità e sapienza. Inoltre veniva migliorato, anno dopo anno, al fine di ottenere risorse sempre più varie e abbondanti : si piantavano alberi, si diffondevano cereali e legumi, si favorivano le colture migliori.

Forse questo è stato il segreto del successo (una sorta di capitalismo ante litteram) : la famiglia lavorava soltanto per sé, e tutti contribuivano al benessere della famiglia. Inoltre, la capillare dispersione degli abitanti nel territorio, permetteva una gestione efficace del tempo dedicato al lavoro : non c’erano da percorrere lunghe distanze, perché era tutto intorno al Nuraghe. E il risparmio di tempo ottenuto, favoriva la socialità e la coesione del “villaggio diffuso”.
E non si creavano occasioni di liti e di scontri con gli altri.

Continua ...

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Ciao Francesco,
ho letto i tuoi post e li trovo molto interessanti, ti prego di contattarmi all'indirizzo: energierinnovabilisardegna@yahoo.it

A presto!

Anonimo ha detto...

Tutti i calcoli da voi fatti, mi lasciano di stucco. COme è possibile che in Sardegna ci fossero così pochi guerrieri? Vi ricordo che i punici la prima volta che sbarcarono in Sardegna furono sconfitti, da chi secondo voi? E tutte le armi ritrovate da chi venivano utilizzate se i guerrieri non esistevano? E le centinaia di bronzetti che ritraggono arcieri, frombolieri, guerrieri armati di spade, asce, scudi? Ed i guerrieri Shardana che avevano attaccato l'Egitto. Credo che bisogna rivedere la consistenza dei guerrieri armati e considerarli come una vera e propria milizia e non come contadini improvvisati guerrieri.