Ogni mese il lavoratore mette da parte una quota del suo stipendio ( circa un terzo ), per i contributi pensionistici che, mese dopo mese, anno dopo anno, si accumulano fino a formare un capitale, che viene anche rivalutato in base a parametri di legge.
Quando va in pensione, questo capitale viene “spalmato” sugli anni di vita presunta (che gli restano, in media , da vivere ) e così può essere calcolata la pensione mensile.
Con il sistema cosiddetto “contributivo”, il lavoratore riceve soltanto quello che ha accumulato con i suoi versamenti.
Allora, perché non lasciare “libero” il lavoratore nella scelta dell’età in cui ritirarsi dal lavoro ?
Se “lascia” prima, percepirà meno di pensione. La matematica finanziaria permette il calcolo esatto di quello che gli spetta. E nessuno ci perde.
Magari dopo aver maturato un minimo stabilito per legge : l’importo della pensione sociale, per esempio.
Se uno si accontenta di percepire pochi euro al mese, perché vuole fare altre cose,
perché non lasciarlo libero ?
Sul posto di lavoro verrebbe sostituito da un giovane disoccupato.
Sarebbe un piccolo passo verso la qualità della vita.
lunedì 1 ottobre 2007
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