sabato 12 luglio 2014

La rampa nei Nuraghi.

Durante la costruzione di un Nuraghe,  era necessario sollevare le pietre da terra fino all'altezza necessaria per metterle in opera.
Avevo scritto, qualche anno fa, che era sempre preferibile (oggi credo necessaria, nella maggior parte dei casi) una rampa di legno per il trasporto dei grossi blocchi di pietra e del materiale di riempimento.
Avevo escluso la rampa perpendicolare al Nuraghe, per ovvi motivi, ritenendo che non fosse convenientemente fattibile.
Le mie considerazioni erano scaturite dall'esame di tutte le proposte fatte fino ad allora, e avevo optato per la proposta di Giacobbe Manca, ritenendola più efficace, e modificandola appena per rendere la rampa più robusta e attuabile.

In questi anni ho visitato molti altri Nuraghi,  ponendomi sempre il problema del trasporto dei grossi blocchi di pietra.
Durante le mie escursioni ho voluto verificare, sui luoghi, la fattibilità della rampa di trasporto.
Nonostante il numero totale dei monumenti visitati sia sempre limitato, ho potuto osservare che la stragrande maggioranza dei Nuraghi non è stata eretta sulla cima dell’altura, ma quasi sempre a mezza costa, con la collina che si ergeva alle spalle.
Ciò, secondo me, per due motivi, principalmente :
1) perché così le pietre si trasportavano sempre in discesa, fino ai piedi del Nuraghe ;
2) in tal modo era fattibile, anche, una rampa di legno perpendicolare al Nuraghe e di una lunghezza non eccessiva.

Quasi tutti i Nuraghi che ho visto, sono così.
Esclusi quelli in pianura ; quelli posti sulla sommità di un colle (Riu Mulinu - Olbia, Su Casteddu -Sassari, Adoni - Villanova Tulo, Nolza - Meana Sardo, ecc.), sono tutti edificati con pietre medio-piccole o piccole.
A questo punto, in molti casi (se non in tutti), sarebbe stata più conveniente la rampa rettilinea,  perpendicolare al Nuraghe, ovviamente sul lato a monte.
Spesso, per i primi filari di conci, la pendenza sarebbe stata irrisoria e, qualche volta, addirittura in discesa !
Negli altri rari casi, restava più conveniente la rampa elicoidale.
Restano ferme tutte le altre considerazioni.

Rimane un solo dubbio (e questo dovrebbero chiarirlo gli archeologi, portando maggiori certezze) : se i Nuragici avessero, davvero, a disposizione attrezzi (almeno in bronzo) idonei a tagliare il legname.
Se è vero che, sulla base delle datazioni ufficiali, i Nuraghi più vecchi risalirebbero al Bronzo Medio, sarebbero state disponibili le accette di bronzo necessarie per la lavorazione del legname.
Legname indispensabile per la costruzione del Nuraghe.

giovedì 10 luglio 2014

Possibili tipologie di rampe nei Nuraghi.

Le rampe di legno per sollevare i massi potevano essere elicoidali, di larghezza pari a 2 metri o più, divise in due parti longitudinalmente, e con brevi tratti in piano : che servivano per riposarsi e, se eventualmente fossero più squadre a fare lo stesso lavoro, per permettere a chi scendeva di spostarsi di lato ( quindi con piazzuole più larghe).
Il dislivello tra due rampe sovrapposte doveva permettere il comodo passaggio delle persone. Inoltre, poiché il diametro del Nuraghe decresce salendo, era possibile aumentare la pendenza con l’altezza.
Anche perché, man mano che si andava in alto, i sassi trasportati erano quasi sempre più piccoli.
Oltre una certa altezza, non era più strettamente necessaria la rampa per il trasporto, perché i sassi, in genere più piccoli, potevano essere trasportati anche in altro modo. (Anche se la rampa sarebbe servita comunque per risparmiare fatica e per evitare il rischio di pericolosi incidenti).

I vantaggi derivano dal fatto che la rampa seguiva passo passo il profilo della muratura in costruzione, permettendo il trasporto dei conci quasi nella sede definitiva.
Inoltre permetteva di rifinire i conci esternamente, migliorando la geometria del tronco di cono nuragico.
Poteva servire per tracciare agevolmente la scarpa (pendenza esterna del muro, che nei nuraghi è sempre perfetta).
Inoltre, era fondamentale per la sicurezza durante il lavoro (una specie di ponteggio esterno).
Poteva, infine, essere utilizzata per ogni tipo di nuraghe, sia per quelli in pianura che per quelli costruiti sulla cima del colle.
Lo svantaggio principale : era più lunga, necessitava di maggior lavoro e di maggior legname per essere costruita.

La rampa rettilinea, perpendicolare al Nuraghe, sul lato a monte, poteva essere costruita più alta di qualche metro, rispetto al piano di lavoro, per evitare di ricostruirla ad ogni nuovo filare di sassi.
Si poteva approntarla per i massi più grossi, fino all’architrave : spesso, la pendenza sarebbe stata irrisoria e, qualche volta, addirittura in discesa.
Poi si ricostruiva, per esempio, fino all’altezza del primo piano.
In pratica, una rampa per ogni piano.
Con uno scivolo, i grossi blocchi di pietra venivano fatti scendere al livello sottostante, al centro del Nuraghe, riempito di terra.
Mi spiego meglio : la costruzione del Nuraghe poteva avvenire per strati orizzontali, riempiendo, provvisoriamente, i vuoti (camere, scale, ecc.) con della terra. In questo modo si poteva lavorare nella massima sicurezza.
La terra poteva essere riutilizzata per il piano superiore quando non fosse servita più, dopo il completamento del primo piano e la chiusura degli spazi vuoti.
La terra migliorava la stabilità della muratura nella fase costruttiva più delicata e permetteva la creazione di un piano di lavoro ottimale e sicuro.
Terminato il primo piano, la rampa doveva essere ricostruita fino all'altezza del secondo piano, riutilizzando il legname e con una pendenza, se necessario, leggermente maggiore.
Ma partendo più a monte (quindi più in alto), nella maggior parte dei casi, non sarebbe stato necessario.
Né sarebbe venuta eccessivamente lunga.
Continua ...

venerdì 2 maggio 2014

Boschi secolari nella Sardegna dei Nuraghi.


La Sardegna è una regione situata nella fascia climatica temperata.
Il clima, nel 2000 a. C., era molto simile a quello odierno per cui, dalla fine dell’ultima glaciazione, l'isola si era ricoperta di foreste, con alberi di alto fusto.

Lo prevedono la geografia e la paleo-climatologia.

Lo provano gli studi di archeobotanica, che hanno analizzato i pollini degli strati scavati. Grazie alle dimensioni microscopiche, i grani di polline resistono straordinariamente alle forze distruttive del tempo. In certi casi possono superare le decine di millenni.
Nel 2000 a. C. il bosco occupava, almeno, il 90% del territorio.

Lo conferma l’esperienza : in una regione spopolata o scarsamente abitata (come la Sardegna dell’epoca), la vegetazione ricopriva ogni palmo di terra e, nei secoli, si affermarono in prevalenza alberi di alto fusto tipici della zona climatica mediterranea.

La foresta con alberi secolari poteva essere distrutta soltanto con il fuoco, per ricavare pascoli e seminativi. Si fa così ancora oggi, nonostante i mezzi che la tecnologia ci ha messo a disposizione.

Il disboscamento dei secoli scorsi, unito agli incendi appiccati per creare pascoli, hanno prodotto il degrado della vegetazione arborea che osserviamo oggi.
La pastorizia, che necessita di aree spoglie da specie arboree e arbustive, ha contribuito a mantenere l’Isola così come la vediamo oggi. I pastori continuano ad usare il fuoco per pulire i pascoli e gli animali, pascolando, impediscono la crescita delle giovani piantine.
Ciò è tuttavia congeniale al tipo di agricoltura estensiva e al pascolo brado tipico della pastorizia.

Anche oggi, se in Sardegna non ci fossero incendi, né pastorizia, gli alberi di alto fusto tornerebbero a coprire tutto il territorio dell’Isola, forse, in meno di cento anni.

Continua ...

venerdì 25 aprile 2014

La vegetazione nella Sardegna preistorica.


La vegetazione di una regione dipende essenzialmente dal Clima (temperatura, altitudine, piovosità), e dalla presenza dell'uomo (deforestazione, coltivazioni, pastorizia, incendi).

Dopo la fine dell'ultima glaciazione, poiché la presenza dell'uomo era ancora molto scarsa, la copertura vegetale è stata influenzata principalmente dalle vicende climatiche.
Con il sorgere delle prime Civiltà, l'uomo ha iniziato ad alterare il paesaggio, anche se solo localmente.

La Sardegna ha un clima mediterraneo, con lunghe siccità estive : la vegetazione prevalente è del tipo sempreverde, che si sviluppa in autunno e in primavera e che resiste, in riposo vegetativo, alla calura estiva.
Le specie a foglie caduche sono relegate in altura o in zone irrigue.
Questo è il clima odierno e degli ultimi 4000 anni.
Prima, subito dopo l'ultima glaciazione e fino alla prima metà dell'Olocene,  il clima era assai più umido, con conseguente maggior sviluppo della copertura vegetale, anche caducifolia.

Le essenze rilevate dalle analisi polliniche (ancora molto scarse nell'isola) e riferite al 2000 a.C., sono tipiche della flora mediterranea, in collina : prevalenza di quercia caducifolia (rovere) e quercia sempreverde (leccio e sughera) ; poi, ontano, frassino, ginepro, olivastro, pino, pioppo, olmo e cipresso.
Sicuramente erano rappresentati anche alaterno, carrubo, lentisco e via via la vegetazione arbustiva ed erbivora.


Successivamente, si assiste (almeno nei dintorni dei nuraghi, dove sono stati fatti i prelievi) ad una costante diminuzione delle specie arboree a vantaggio di pascoli e cereali.
Quasi sempre la distruzione del bosco avveniva tramite incendio, unico modo in cui potevano farlo.
Si fa così ancora oggi, in Amazzonia e altrove.
Il bosco veniva eradicato prima intorno al Nuraghe, e poi nelle zone più adatte per l'uso agricolo : zone pianeggianti e fondivalle, con terreno sciolto e sabbioso, facilmente lavorabile con le scarse attrezzature di allora.
Il resto rimaneva bosco, riserva preziosa di calore e vita.
Con il legname si fabbricavano i soppalchi dei Nuraghi e la carpenteria per costruirlo. Serviva per le scale, le capanne, le tettoie. Serviva per le attrezzature fondamentali, che erano tutte di legno : slitte, pali, zappe, aratri, mazze, manici per attrezzi, recipienti di ogni genere per la vita quotidiana di uomini e animali.